Azioni BPVi addebitate ad anziana coppia di Bassano, avv. Calvetti: per il tribunale di Venezia il contratto è nullo
Una coppia si era vista addebitare dalla Banca Popolare di Vicenza sul proprio conto corrente prima 3,7 milioni di euro e poi altri 11,2 milioni per un totale di circa 15 milioni di euro a seguito di una doppia operazione “baciata” che di fatto non aveva mai concluso, ma ora, lo comunica l’avv. Sergio Calvetti che li ha rappresentati in tribunale, “quei 15 milioni non dovranno essere restituiti grazie a una sentenza emessa il 13 giugno scorso dal tribunale delle imprese di Venezia” (qui sentenza con Contratto finanziamento nullo per operazione baciata, ndr) Il giudice ha, infatti, “dichiarato nullo il contratto di finanziamento per l’acquisto di azioni proprie da parte dell’allora Banca popolare di Vicenza. In questo modo il Tribunale ha riconosciuto ai due risparmiatori, marito e moglie residenti a Bassano, il diritto di non dover restituire l’ingente somma di denaro“.
Le azioni, acquistate a loro insaputa a 62,50 euro si erano quindi svalutate a 6,30 e la coppia si era trovata così esposta verso la banca per l’intero debito. ma «al processo – hanno spiegato gli avvocati Sergio Calvetti e Claudio Marin, dello studio “Tlc Lawyers Studio Legale Calvetti & Partners” – la banca non è riuscita a fornire il contratto di finanziamento. In parole povere, un anonimo funzionario della banca avrebbe utilizzato i conti correnti dei due coniugi, a loro completa insaputa, e chi ha fatto o firmato il contratto lo avrebbe nascosto».
Secondo i giudici, quindi, «la domanda è soddisfatta dalla nullità del contratto per difetto di forma» e appare evidente «che i contratti di finanziamento non furono sottoscritti dalla parte attrice» e «non vi è dunque alcun obbligo di adempiere tale contratto».
«Si è trattato – hanno commentato i legali trevigiani che assistono anche gli associati al Movimento Diritti Europei (MDE) – di due operazioni cosiddette “baciate” (acquisto azioni della banca finanziato dalla banca stessa) con l’aggravante di aver taciuto ai soggetti vittime l’utilizzo dei propri conti bancari. È da sottolineare infine come il comportamento della banca abbia nuociuto non solo ai due sprovveduti coniugi, ma anche alla banca stessa – concludono – per aver reso falso il patrimonio di vigilanza al solo scopo di superare lo stress test».
La sentenza adesso potrebbe aprire nuovi scenari anche per altri ex soci di BpVi nelle stesse condizioni.
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